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Data: 05/05/2015 - Ora: 10:56
Categoria:
Attualità
Si cercano prove per il dolo
La guardia di Finanza di Lecce ha sequestrato i computer utilizzati da alcuni dei ricercatori che dal 2010 si occupano di xylella: Giovanni Martelli, Francesco Porcelli, Vito Nicola Savino, Maria Saponari, Donato Boscia.
Le pm Elsa Valeria Mignone e Roberta Licci ipotizzano il reato di diffusione colposa di malattie delle piante. Finora nessun nome è iscritto al registro degli indagati. I magistrati intendono evidentemente cercare di capire se vi siano responsabilità di qualche natura. «Noi siamo disponibilissimi a dare una mano ai magistrati - spiega il direttore del dipartimento di Scienze del suolo, Teodoro Miano - vorremmo essere ascoltati anche per definire meglio il focus investigativo. D’altra parte, abbiamo le competenze per poter contribuire all’indagine». Naturalmente, spiega ancora Miano, «il sequestro di fatto paralizza la nostra attività di servizio pubblico: esami, didattica, progetti di ricerca».
Intanto, Confconsumatori Puglia suggerisce tre azioni concrete che la Regione può intraprendere: «In gioco il futuro della produzione pugliese»
La UE si comporta con gli ulivi pugliesi esattamente come fa con la Grecia o con i migranti. Non contano le sofferenze e gli aspetti umani delle vicende, contano solo gli aspetti economici. Quelli favorevoli a Bruxelles ovviamente. Come noto, il 28 aprile il Comitato fitosanitario permanente dell’UE, ha disposto sia l’abbattimento di tutti gli alberi infetti da Xylella sia l’abbattimento di tutte le piante ospiti, anche se sane, che si trovino nel raggio di 100 metri dagli ulivi malati, indipendentemente dal loro stato di salute.
In Italia su 250 milioni di ulivi censiti, ben 60 milioni sono in Puglia. Stime delle Associazioni di categoria ci dicono, che eseguire alla lettera il diktat UE, significherebbe abbattere almeno 10 milioni di alberi.
Secondo l’avvocato Antonio Pinto, presidente di Confconsumatori Puglia, la Regione Puglia, al di là delle sacrosante richieste di risarcimento danni per gli agricoltori, può mettere in campo 3 azioni concrete:
1) Imporre nella fase esecutiva il metodo di testare gli alberi vicini a quelli infetti e non tagliare quelli sani, applicando le tecniche già note di prevenzione e difesa dal batterio. Tanto è possibile interpretando la decisione del Comitato, che, invero, presenta vari distinguo e varie ambiguità, che vanno usate, anche strumentalmente se sarà il caso, per ridurre il rigore irragionevole dei burosauri europei.
2) Farsi soggetto promotore e coordinatore di una specifica azione di ricerca scientifica che, avvalendosi dei Centri di ricerca anche pugliesi (Università e IAM) costituisca una base tecnica seria per presentare all’Europa una proposta alternativa all’eradicazione scriteriata e, comunque, a legittimare una esecuzione delle decisioni diversa da quella voluta dai burosauri di Bruxelles.
3) Promuovere azione giudiziale dinanzi alla Corte di Giustizia UE (ove serva processualmente, anche passando attraverso un giudizio innanzi al TAR Lazio per poi chiedere un rinvio dinanzi alla Corte), dove, sulla base dei risultati della ricerca scientifica di cui sopra, richiedere una pronuncia che applichi certo il principio di precauzione: ma lo faccia contemperando le giuste preoccupazioni espresse dall’EFSA, con criteri applicativi ragionevoli.
«Se non si farà nulla, - conclude Pinto - deve esser chiaro a tutti che la posta in gioco è la stessa sussistenza della produzione pugliese di olio di oliva nei prossimi anni. Anni, nel corso dei quali, gli altri produttori nostri concorrenti, come ad es. Turchia, Spagna, Nazioni nordafricane, saranno liberi, legittimamente, di occupare gli spazi di mercato che invece noi saremo costretti a lasciare».
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