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Commento al Vangelo della V domenica di Quaresima

Data: 01/04/2022 - Ora: 10:42
Categoria: Cultura

vangelo

Chiunque non sente bisogno della divina misericordia, è, di fatto, estromesso dal numero dei salvati


Gesù si reca verso il monte degli Ulivi con, al seguito, la folla desiderosa di ascoltarlo, fra i molti:
ladri, prostitute e pubblicani, che certamente noi terremmo a distanza, giudicandoli severamente.
Gesù, invece, dedica loro molta attenzione affettuosa - è venuto per questi poveri peccatori - e sa
che precederanno i benpensanti di ogni tempo nel Regno dei Cieli, perché sono sinceramente
aperti alla conversione. Non mancano, tra la folla, i farisei e i dottori della legge, che cercano di
fare cadere in trappola il Maestro, per trovare il pretesto di condannarlo. A questo scopo gli
conducono davanti una donna, trovata in flagrante adulterio perché Gesù la giudichi (la legge
prevedeva per questa colpa, la lapidazione), ma il Rabbì non si pronuncia e scrive per terra. Alla
reiterata richiesta, alza gli occhi e dice: "Chi, fra voi, è senza colpa, lanci, per primo, la pietra". A
questo punto, ciascun uomo lascia cadere il sasso destinato ad uccidere l’adultera, e, in silenzio, si
allontana (speriamo vergognandosi molto). Commuove l’umiltà della donna "peccatrice" che resta
in piedi (lei misera), davanti al Signore, misericordioso. Questi, con tenerezza, le chiede "Nessuno
ti ha condannata? Neanche io ti condanno! Và e non peccare più". L’invito finale non è dettato
dall’imposizione di una regola morale trasgredita, da rispettare finalmente, ma dal desiderio, che
al Maestro è noto, vivo nel cuore della donna, di essere libera, in pace con sé stessa e soprattutto
con Dio. Lo scandalo presente nei benpensanti del tempo, che potrebbero annoverare anche il
nostro giudizio umano, riguarda l’intrattenersi frequente del Figlio di Dio con gente malfamata
(Levi, Zaccheo, donne di facili costumi), mentre Egli si rivela severo con quanti, ritenendosi
"onesti", si aspettano di essere confermati nella loro presunta giustizia perché tali si ritengono. La
verità è che nessun uomo è tanto puro di cuore da non aver bisogno del perdono di Dio. Chiunque
non sente bisogno della divina misericordia, è, di fatto, estromesso dal numero dei salvati, e
questa sarebbe per noi la più triste condanna. Viviamo questo tempo penitenziale, riconoscendoci
umilmente "poveri peccatori" che Gesù Signore è venuto a salvare. Intanto, come abbiamo
imparato nel "Padre nostro", rimettiamo ai fratelli gli eventuali debiti che, con noi, avessero
contratti e largheggiamo nella condivisione del "nostro" con chi è povero, giacché ciò che
possediamo è dono di Dio, affidato semplicemente alla nostra temporanea gestione.

Autore: Mariagrazia Camassa

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