Alla base della nostra vita di credenti c'è il perdono del fratello, dell'amico, del
collega, del datore di lavoro, del dipendente..., di chiunque, familiare o sconosciuto,
ci abbia potuto arrecare offesa. Se manca in noi la capacità o la volontà di
perdonare, ci autosepariamo dalla vita, Gesù Cristo, per divenire tralci secchi, pronti
per accendere il fuoco. A San Pietro, che Gli pone il problema: "Quante volte devo
perdonare chi mi ha offeso?!" Gesù, con il "settanta volte sette", sta dicendo
"Sempre!". Quindi il Maestro racconta a tutti noi una parabola significativa: un
signore aveva un servo, che gli doveva un’enorme somma di denaro; non potendolo
saldare, il debitore lo supplicò, in ginocchio, di avere pazienza con lui. Il padrone si
lasciò commuovere e gli condonò il debito. Uscito, il servitore graziato, incontrò un
altro servo, che gli doveva una sommetta. Anche questo chiedeva venia al suo
collega, creditore, ma questi non gliela accordò. I compagni dei due assistettero alla
scena ed accusarono al Padrone il compagno crudele. Il Signore, adirato
dall’ingratitudine e avarizia del dipendente ingiusto, lo consegnò agli aguzzini finché
non avesse pagato tutto il grosso debito che aveva contratto con lui. Tristissima la
conclusione del racconto: "Così farà il Padre mio, se non perdonerete di cuore al
vostro fratello". Non si tratta di leggere in Dio un cuore vendicativo, ma il suo
bisogno ineluttabile di trovare in noi quella generosa misericordia che Egli ci ha
rivelato, donandoci lo stesso Suo Figlio per salvarci.