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Data: 15/04/2014 - Ora: 12:17
Categoria:
Attualità
Quanto può essere rischioso per il nostro territorio?
La diffusione del batterio ha provocato un malcontento generale nei produttori: l’economia e la cultura della zona è fortemente in bilico.
"Complesso del disseccamento rapido dell'olivo" (CDRO), questa l’ultima minaccia ecologica che ha recentemente suscitato grandi preoccupazioni tra gli addetti ai lavori e i semplici ammiratori di queste piante secolari.
Quanto c’è però di vero? Siamo davanti a una catastrofe ecologica o si tratta di una esagerazione mediatica? Le autorità che dovevano vigilare, le associazioni dei produttori e molti proprietari, anche contadini, non credono più all’agricoltura.
La morìa degli ulivi è cominciata un paio di anni fa. Il batterio forse è arrivato con il commercio di piante dal Centro America, ma ha trovato terreno fertile per svilupparsi. Diverse concause, poi, hanno congiurato.
I primi focolai, di modesta estensione, erano stati scambiati per attacchi di una malattia localmente endemica, nota come "lebbra delle olive", causata da un fungo. Il CDRO è invece esploso improvvisamente negli ultimi mesi. La malattia incomincia con il disseccamento della chioma a zone, estendendosi via via a tutto l’albero e terminando con la morte della pianta. Ciò che provoca questa moria è verosimilmente il risultato dell'azione del batterio Xylella.
A Mezzapinta, nel territorio di Trepuzzi, è stata monitorata l’infezione più estesa: 63 alberi sono destinati a diventare biomassa e legna da ardere. Ieri ne sono stati abbattuti circa un centinaio, alcuni malati altri contagiati dal batterio. Alberi apparentemente robusti ma "ttrassati", dice un contadino, cioè inselvatichiti da polloni e succhioni. Si tratta del focolaio più esteso, ma sempre tra i minori, perché l’area più devastata è nel Gallipolino, dove ora la speranza è che il sacrificio di 100 alberi di ulivo possa salvare la vita agli altri decine di migliaia assediati dal batterio.
"Ogni albero perduto è un colpo al cuore" ribattono i proprietari, figure con una storia diversa, ma tutti uniti da un sentimento. "E’ un fulmine a ciel sereno, ‘lunedì spiantiamo’ ci hanno detto!". La Puglia intera è stata caratterizzata da questi alberi per secoli, e la loro presenza si insedia non solo nella memoria di ogni cittadino ma anche nella semplice quotidianità; ragion per cui la loro scomparsa lascerebbe un vuoto incolmabile e uno spaesamento generale.
Oltre ad un fattore culturale e paesaggistico è una questione prettamente economica: numerose aziende salentine puntano sulla qualità delle loro olive e vendono in tutto il mondo a buon prezzo. Ogni ulivo del Salento è una miniera di ricchezza che tutta Italia riconosce. Lo sradicamento di queste piante impoverirebbe ancor di più il territorio, in quanto a questo problema andrebbe ad aggiungersi la mancanza di fondi europei. Potrebbe bastare il "sacrificio" di cento alberi per ottenere la solidarietà del governo e dell’Unione europea? Probabilmente no, ma si potrebbe sperare ad ogni modo di convincere Roma e Bruxelles a dare il via libera a un fondo di solidarietà per i produttori salentini. Infatti una riforma del sistema degli aiuti sarebbe indispensabile per una ripresa produttiva e lo sviluppo della qualità dell’olio: il Salento è in forte ritardo e adesso si trova a fronteggiare un’epidemia che rischia di metterlo in ginocchio.
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