Gesù, offrendosi sulla Croce, interrompe l’inadeguatezza dei sacrifici
antichi che non potevano riparare, presso Dio, il peccato dell’uomo,
mediante il sangue di capri e di tori. Il Messia, che aveva ricevuto,
nascendo fra gli uomini, un corpo, lo offre in oblazione per rappacificarci
col Padre Suo del Quale ci rende anche e soprattutto figli. Il corpo ricevuto
per l’incarnazione diviene, per il Signore, strumento di redenzione per noi
che, nella Sua Passione, abbiamo (tutti) indossato le vesti e incarnato il
ruolo di flagellatori, a causa dei nostri peccati, bisognosi di redenzione.
Dalle piaghe, inflittegli sul Calvario, il Crocifisso espande la sua
misericordia, per noi medicina e salvezza.
La redenzione del Cristo, inoltre, giunge a rendere il patibolo della
Croce (ieri infamante) segno della redenzione universale e innalza il
dolore e la morte dell’uomo, suo discepolo, ad azione di salvezza per i
fratelli.
S. Bernardo di Chiaravalle dice che il centurione romano può
riconoscere nel Crocifisso, ormai morto, il Figlio di Dio, grazie alle ultime
parole di Gesù che fa offerta di sé al Padre e chiede perdono per noi, suoi
crocifissori. Questo romano pagano, divenuto credente, attesta: "Era
veramente il Cristo, colui che abbiamo inchiodato sulla Croce".