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Data: 18/11/2021 - Ora: 12:10
Categoria:
Cultura
Fermiamoci, a lungo, a contemplare il nostro Re, crocifisso
Gesù, Re dell’universo, consegnandosi agli uomini, come vittima di salvezza, si presenta a noi, con sul capo
una corona di spine, ricoperto di un manto, scelto dalla soldataglia, per burlarLo, sanguinante, perché già
flagellato, con quaranta colpi.
Quanto diversa la sua regalità da quella dei principi del mondo!
Il Cristo ha, per trono, la Croce, e si lascia ingioiellare dal suo sangue, che scende dalla fronte, sul suo volto,
in gocce, simili a pendenti di purissimi rubini.
L’umanità, che, da sempre, porta il peso di sovrani dispotici, impegnati nella ricerca dei propri interessi,
tanto da dimenticare la povertà di larghe fasce dei propri popoli, guarda con meraviglia, che talora
purtroppo diviene incredulità, alla regalità di Gesù Cristo. Egli per salvare gli uomini, docile, silenzioso,
affronta la Sua passione, "come pecora muta, destinata al macello" (Isaia).
Impetra così, l’Unigenito di Dio, la nostra redenzione.
Come possiamo convertirci dai comuni desideri mondani, che, pagani, ci fanno aspirare ancora alle vane
misere ricchezze?
Fermiamoci, a lungo, a contemplare il nostro Re, crocifisso, che pende dal legno, e quando chiede da bere,
riceve, per la sua sete, l’aceto della nostra umana indifferenza.
Papa Francesco ci suggerisce di poggiarci sul cuore, bisognoso di cambiare, il Signore, che si offre sul
patibolo, perché ci renda LUI, che può farlo, partecipi della nuova umanità, che il Padre ha destinato, come
sposa, al Figlio Suo Risorto, unico vero Re nostro amante.
In questo tempo difficile, il Signore con noi patisce per aiutarci a risorgere.
Il dolore dell’uomo.
Il dolore
dell’uomo,
Signore,
non è a prescindere
dal Tuo,
ma è porta
che ci introduce
in Te.
Quando portiamo
nell’abbandono,
la pena che
ci visita,
veniamo
al Golgota
sotto il
Tuo stesso
fardello.
Se il dolore
nostro
ci prostra,
e le forze
vengono meno,
Ti fai Cireneo
del nostro patire.
Porti Tu
il carico della
Croce
che ci sovrasta.
GuardandoTi
morire
nel dolore,
contemplo
Te
umilmente
trasformato:
ti sei fatto uomo
per elevarci
ed introdurci
in te.
Il Tuo bel volto imbrattato.
Percorro con Te
la strada del Calvario,
dove crudele condanna
Ti attende.
Cammino al Tuo fianco,
mentre con lo sguardo
lontano, fisso l’altare
ligneo
su cui Ti inchioderà il Sacrificio.
Un lamento flebile
mi raggiunge
-Sei Tu, Signore, ferito, nella pena
o è il Padre Tuo che piange?-
Mi volgo e Ti vedo
ansimante di sangue
e sudore il bel Volto coperto.
Mossa da profonda pietà,
estraggo dalla tasca un lino
e, dimentica della rude soldataglia,
della folla blasfema,
con Tua madre che mi è al fianco,
d’impulso, davanti
a Te mi prostro.
Nel lino, che diviene
sudario,
con lieve carezza
accolgo il Tuo viso
incoronato di spine.
Grato per il gesto,
lasci impressa
sul candido panno,
perché io ricordi il tuo martirio,
una Icona preziosa:
l’immagine insanguinata
dell’Amore folle di Dio.
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