Alla fine di quest’anno liturgico, in attesa delle domeniche d’Avvento, è giusto che
facciamo un’ulteriore analisi sulla crescita della nostra fede, a cominciare dallo
scorso anno, difficile per la pandemia che, per noi cristiani, però, ha il valore di una
prova da considerare come possibilità di crescita della nostra relazione con il
Signore.
Si dice che ogni età ha i suoi periodi di inevitabile crisi, e così accade che, nello
spazio di tempo che è dato da vivere agli uomini, ricorrano i momenti difficili, come
campo di prova: credo che Dio, ovunque e comunque, mi ami e mi accompagni,
come Padre buono? Se ho bisogno di un argomento di confronto, guardo a Gesù,
l’Unigenito, che l’Abba non risparmia, per amore nostro, dalla Passione e morte.
Ai cristiani non è dato di pensare alla propria vita come alla situazione di godimento
costante, di oraziana memoria (Carpe diem).
Nei nostri anni, dolori e gioie si alternano per renderci credenti, avviati, insieme,
verso la Casa del Padre celeste, che ha cura di noi sempre, e ci attende.
Quando arrivano le pene è bene che pensiamo a quanti patiscono più di noi e, beati
loro, serenamente perché si fidano del Signore: hanno cioè molta fede.
Questo è il discrimen fra chi sempre, scontento, si lamenta e chi vive qualunque tipo
di evento, sorridendo, nella pace del cuore.
Nonostante molta nostra incredulità, torna ancora il Natale, evento unico: in Gesù-
Verbo Dio prende carne e si fa uomo per annunciarci che l’Abbà Suo Padre, si è fatto
anche "il nostro".
E’ tempo di crederlo!
Più che fare a braccio di ferro contro le prove, pensiamo che il Bene ci viene solo dal
Signore e che ciò che reputiamo "male" è solo una prova transitoria, destinata a
procurarci tutto il Bene che sapremo davvero volere!