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Data: 22/12/2021 - Ora: 11:52
Categoria:
Cultura
"Il percorso del vero amore non è mai stato agevole"
40 anni di vita per una compagnia di teatro sono un traguardo importante, sorprendente, che emoziona. Questa è anche l’occasione per fare un bilancio che oscilla tra desideri e nostalgia. I desideri sono quelli che continuano ad animare la vita di ogni giorno, la sorpresa di continue nuove sfide, l’incontro con nuove generazioni, con nuove sfide. La nostalgia riguarda le tante persone che hanno fatto la storia di Astragali e che se ne sono andate. Il mio maestro Fabrizio Cruciani dice nel suo ultimo libro I luoghi del teatro che "bisogna essere vivi, nel Teatro". Frase quanto mai vera e bruciante per la forma dello spettacolo dal vivo. Tra i vivi. Spettacolo che vive, che dona immagini e parole al flusso incessante e contraddittorio della vita. 40 anni di Astragali. È fondamentale ricordare che quando Marcello Primiceri ha fondato questa compagnia teatrale, a Lecce non esisteva niente di simile. Astragali nasce proprio all’interno di una effervescenza che avrebbe cambiato in maniera radicale questa provincia difficile (come giustamente Giovanni Bernardini l’aveva definita negli anni ’60). Marcello era caporedattore del paginone della cultura di Quotidiano. I luoghi di aggregazione culturale si aggrappavano all’Università – anch’essa in procinto di realizzare uno sviluppo radicale. L’Istituto di Storia del teatro e dello spettacolo, l’Istituto di sociologia rappresentavano luoghi di scambio costante e di apertura ad un territorio in profonda trasformazione.
Siamo negli anni della nascita del Pensionante de Saraceni, dell’Immaginazione, di Salento Poesia, del Laboratorio di Poesia. Siamo negli anni in cui la pelle di questo territorio cambia. La ricercazione di Georges Lapassade e di Pietro Fumarola, fatta di contaminazioni e di intervento nel concreto tessuto di relazioni tra nuovi soggetti e antiche resistenze e contraddizioni. Melpignano Rock e il Jazz al pub di Maglie. Si, perché quando Astragali nasce devono ancora essere aperti i primi luoghi di aggregazione culturale. Non parlo di movida, parlo di luoghi dove incontrarsi, bere e fare cultura.
La trasformazione più importante era costituita dalla necessità di non dovere più partire, di non dovere più emigrare per costruire la propria utopia, il proprio sogno radicale. Restare per fare teatro, per fare musica, per fare poesia qui. Il Salento non era un brand, ma lo stesso gli operatori turistici volevano i grandi eventi o i grandi hotel, e su questo punto nulla sembra essere cambiato. Ci si sgolava per fare capire che il turismo culturale era un’opportunità di crescita e di trasformazione culturale, ed anche questo – a ben guardare – sembra ancora un terreno non realmente attraversato. Il provincialismo plurisecolare minava sempre agguati. Provincialismo non solo della nostra città, ma anche della nostra regione, del nostro sud, del nostro paese. Giorno per giorno abbiamo cercato di affermare che era ed è possibile un modello differente. Un protagonismo ed una professionalità di caratura internazionale. Marcello Primiceri se ne è andato molto giovane, nel 1987 a soli 31 anni per un maledetto incidente stradale, di ritorno dalla Regione. Era andato a discutere per il finanziamento di un progetto (Cobalto Sinfonia) che era bloccato. Sono seguiti anni molto duri e difficili. Senza una legge regionale per le attività teatrali, con debiti e sacrifici indicibili. Dal 1992 dirigo Astragali. Da allora sono cambiate tante cose. Centinaia e centinaia di ragazze e ragazzi hanno conosciuto la pratica del teatro attraverso Astragali. Dal 1998 abbiamo fatto una scelta diversa, ancora una volta una scelta radicale. Rischiavamo di chiudere. Le amministrazioni pubbliche ci chiedevano spettacoli diversi da quelli che noi volevamo fare. Ci dicevano che eravamo di nicchia, elitari, un poco incomprensibili, underground, marginali.
Per necessità, per rigore, per scelta poetica e politica, abbiamo guardato all’Europa e al Mediterraneo.
Questo territorio stava cambiando. Non era più valida la storia che avevamo sentito decine e decine di volte in Università, in Convegni, negli angusti salottini provinciali che "dal Salento non si passa, è talmente marginale e periferico che bisogna decidere di venirci". Antico e persistente sapore coloniale. Immaginate che emozione l’incontro con Franco Cassano, il pensiero meridiano ci dava fiato verso quella necessità dell’assunzione di una responsabilità. Le rotte migratorie dal Vlora in avanti ridisegnavano una nuova mappa.
Una delle sensazioni più sconcertanti nei nostri tanti viaggi di questi anni l’abbiamo raccolta a Cipro e a Malta. Due isole splendide, importanti e cariche di storia e di cultura nel cuore del nostro Mediterraneo. I giovani attori, le giovani attrici (così come tutte le Istituzioni Ufficiali) che abbiamo incontrato lì, si percepivano come parte del Regno Unito. La strategia geopolitica britannica, attraverso il Commonwealth, definisce madrelingua inglesi chi viene da quei luoghi. Ma aldilà di questo status la lingua madre di quei luoghi è ben altra cosa.
Certo abbiamo considerato la nostra condizione in una dinamica post-coloniale. Senza vittimismi, senza mistificazioni. Abbiamo cominciato a guardarci intorno, concretamente. E allora è maturata la necessità assoluta di una vera relazione con la Grecia e poi con l’Albania e poi con Cipro, Malta, con tutti i Balcani e poi con la Turchia, la Siria, la Giordania, la Palestina, la Tunisia. E ogni viaggio ci nutriva, ci donava senso. Abbiamo cominciato a fare esperienza di come la guerra, di come il conflitto fosse così presente. E allora abbiamo scoperto che fare Antigone in un luogo segnato ferocemente dalla guerra civile, avesse più senso che metterlo in scena in un qualsiasi circuito mainstream della stanca teatralità nostrana. Andavamo (e andiamo) in quei luoghi perché lì il teatro ha ancora senso.
Questo lavoro nei luoghi di guerra è stato il presupposto essenziale per riaprire nel 2011 in Italia, a Lecce, ad Astragali il Centro Italiano dell’International Theatre Institute fondato dall’UNESCO nel 1948. E dal 2017 è sede dello European Regional Council, che riunisce i 32 centri dell’ITI presenti in Europa. Questo lavoro intenso e costante ha fatto di Astragali uno dei protagonisti dei Programmi Culturali Europei, divenendo per 12 volte project Leader all’interno di programmi promossi dalla Cultural Agency della Commissione Europea.
Esiste un fil rouge profondo e ricco dalla nascita di Astragali nel 1981 sino ad oggi. Quarant’anni di attività dove l’importanza dei luoghi e la loro trasformazione ci ha fatto elaborare modalità di intervento e di ridefinizione del territorio. Questo sentiero profondo va da Santa Maria di Cerrate appena restaurata nel 1985 al Castello di Otranto con Il sogno di una notte d’estate, a Villa Mellone con Luna e Acciaio nel 1987 (ultima regia e scrittura scenica di Marcello Primiceri), ad Antigone a Marina Serra, ai Persiani nella Marina di Andrano, alla residenza teatrale al Teatro Paisiello dal 2010, alla Distilleria De Giorgi a San Cesario di Lecce, alle azioni di valorizzazione e ri-scoperta del Parco Archeologico di Rudiae. Questa percorso ha reso il lavoro site specific una delle cifre più significative della nostra ricerca. Un modo di ripensare gli spazi come possibilità poetica di ridefinire i luoghi e di riappropriarsene. Questo Manifesto poetico lo abbiamo portato in molti siti UNESCO nel mondo: Topkapi Palace a Istanbul, la Citadel di Erbil nel Kurdistan iracheno, nei siti archeologici di Ugarit in Siria, di Dobrogea in Romania, nell’antico acquedotto di Segovia in Spagna, negli antichi teatri di Butrinti in Albania, di Kourion a Cipro, di Sebastia in Palestina.
Ed oggi ancora mille strade si aprono. Fra qualche giorno partiamo per Baghdad, per il Festival Internazionale in Iraq. Zona di guerra, zona che ancora soffre. Ma una cosa abbiamo imparato nei luoghi di conflitto: lì il lavoro culturale, lì il teatro, ha un senso ed un valore assoluto di rinascita e trasformazione.
Quarant’anni di lavoro hanno rappresentato il lavoro costante, duro, appassionato, senza conti, di decine e decine di donne e uomini. Alcuni per anni, altri anche solo per pochi giorni: un piccolo segno che -senza dubbio – ha contribuito a trasformare questa terra, giorno per giorno, dal di dentro e (nello stesso tempo) ai bordi. Antonio Verri in Fate fogli di poesia, esorta a farsi dare un teatro. Forse per questo, nel 1992, nelle sale di Astragali in via Giuseppe Candido, trasformò quel luogo in una improbabile ed esplosiva redazione-tipografica per l’ultima edizione del "Quotidiano dei poeti".
Perché in un Teatro troverete sempre (danzanti) attori, musicisti, poeti, sognatori eccessivi.
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