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Data: 30/12/2015 - Ora: 13:19
Categoria:
Attualità
Non ci sarebbero speranze per il bambino che domenica scorsa è stato attaccato dal batterio "streptococcus pneumoniae"
Sempre gravissime le condizioni del bambino colpito da meningite ricoverato in rianimazione al Fazzi. I medici pensano di avviare l’osservazione di «morte cerebrale»
Non ci sarebbero speranze per il bambino che domenica scorsa è stato attaccato dal batterio "streptococcus pneumoniae", che gli ha procurato una meningite fulminante.
Il piccolo ha passato la notte in coma profondo e questa mattina i rianimatori hanno fatto sapere che non si attendono novità. «Il bambino secondo me non torna più indietro». Questo il "bollettino" lapidario del dottor Carmelo Catanese che dirige la Rianimazione. «In questa fase – aggiunge - non possiamo fare nulla. Dobbiamo solo attendere. E date le condizioni di coma profondo probabilmente avvieremo le procedure di osservazione di "morte cerebrale"».
Come spiega lo stesso rianimatore del Fazzi, la triste procedura consiste nell’osservare le funzioni dell’elettroencefalogramma per sei ore. Se alla fine di questo periodo tutti i parametri e le funzioni coincidono con la fase di inizio (se non si registrano variazioni, l’encefalogramma è piatto, l’attività cerebrale è assente), la commissione dichiara lo stato di "morte cerebrale".
A quel punto si aprono due possibilità: o si stacca il paziente dalle macchine (è un obbligo di legge) oppure, in caso di espressa volontà di donazione di organi, si attiva la macchina per i prelievi. Arriva un’equipe da fuori e preleva gli organi.
«La commissione viene nominata all’istante dalla direzione sanitaria – precisa il dottore Catanese – Anche di notte. Ed è composta da un rianimatore (lo stesso Catanese – ndr.), un anatomo-patologo e un neurologo. Durante le 6 ore di "osservazione" si fanno una serie di accertamenti e prove».
I genitori del bambino vivono a Carmiano, il paese del papà. La mamma è di origini colombiane e ha altri due figli. Sono disperati e seguono con angoscia l’evolversi della situazione. I sanitari della Rianimazione hanno riservato alla coppia un particolare riguardo.
Dalla cartella clinica è emerso che il bambino, appena 20 giorni fa, aveva avuto una mononucleosi, una malattia infettiva dello stesso ceppo della varicella, curata dal medico di famiglia, che avrebbe debilitato l’organismo e ridotto le difese immunitarie.
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