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Latte: etichetta made in Italy è uno spiraglio

Data: 23/01/2017 - Ora: 16:28
Categoria: Economia

latte

Il settore zootecnico vale 89milioni di euro

Lo storico via libera all’indicazione di origine obbligatoria per il latte e i prodotti lattiero-caseari ha posto fine all’inganno del falso Made in Italy con tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro venduti in Italia che sono stranieri, cosi come la metà delle mozzarelle fatte con latte o addirittura cagliate provenienti dall'estero, senza che questo sia stato fino ad ora riportato in etichetta. "Il Decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 19 gennaio scorso è uno spiraglio concreto dopo le recenti calamità che hanno provocato in provincia di Taranto la morte di oltre 300 animali – spiega il Presidente di Coldiretti Taranto, Alfonso Cavallo - e gli allevatori hanno buttato migliaia di quintali di latte perché non potevano consegnarlo. Altro passo avanti importante è stata la costituzione della cooperativa ‘Latte Munto In Puglia’ che mette insieme gli allevatori della Murgia barese e tarantina, al fine di garantire tracciabilità e alta qualità del prodotto. I nostri allevatori conferiranno direttamente alla cooperativa il proprio latte per la produzione delle eccellenze lattiero-casearie per cui il territorio tarantino è noto. L’ulteriore valore aggiunto è l’indicazione trasparente in etichetta dell’origine del latte utilizzato nella trasformazione. L’insidia alla salute dei consumatori e l’erosione della capacità di competere dei nostri allevatori e dei nostri coltivatori è dipesa finora principalmente da un fattore, dall’assenza di etichettatura obbligatoria sull’origine delle materie prime".

Il settore zootecnico a Taranto vale 89milioni di euro, di cui 51 milioni di produzione di latte e 31,4 milioni di produzione di carne, pari nel complesso al 12,7% sul totale dell’economia agricola tarantina.

"Il decreto sull’indicazione obbligatoria del latte in etichetta è scaturito dalla guerra del latte scatenata lo scorso anno dalla Coldiretti contro le speculazioni insostenibili sui prezzi alla stalla – aggiunge il Direttore di Coldiretti Taranto, Aldo De Sario - e sta portando ad un sostanziale aumento dei compensi riconosciuti agli allevatori senza oneri per i consumatori. E’ un grande successo per tutto il mondo agricolo e per gli allevatori che versano in una grave situazione per colpa del prezzo del latte e delle importazioni di latte e prodotti semilavorati dall’estero, utilizzati per fare mozzarelle e formaggi spacciati anche per prodotti tarantini. Oltre all’inganno a danno dei consumatori, si tratta di concorrenza sleale nei confronti degli stessi industriali e artigiani che utilizzano esclusivamente latte locale. L’insidia alla salute dei consumatori e l’erosione della capacità di competere dei nostri allevatori e dei nostri coltivatori è dipesa finora principalmente da un fattore, dall’assenza di etichettatura obbligatoria sull’origine delle materie prime".

L’Italia è diventata il più grande importatore di latte al mondo, con il risultato che oggi tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro venduti in Italia sono stranieri mentre la metà delle mozzarelle sono fatte con latte o addirittura cagliate provenienti dall'estero, ma nessuno lo sa perché finora non è stato obbligatorio riportarlo in etichetta.

L’etichettatura obbligatoria diverrà – aggiunge Coldiretti Taranto - una infallibile cintura di sicurezza per i nostri allevatori che devono poter competere alla pari e per la salute dei nostri consumatori debbono poter scegliere in maniera consapevole quello che acquistano e mangiano.

In Puglia le importazioni di latte dall’estero raggiungono i 2,7 milioni di quintali e i 35mila quintali di prodotti semi-lavorati quali cagliate, caseine, caseinati e altro, utilizzati per fare prodotti lattiero-caseari che vengono, poi, venduti come prodotti lattiero-caseari "Made in Puglia".

Dalle frontiere italiane passano – sottolinea la Coldiretti - ogni giorno 24 milioni di litri di "latte equivalente" tra cisterne, semilavorati, formaggi, cagliate e polveri di caseina, per essere imbustati o trasformati industrialmente e diventare magicamente mozzarelle, formaggi o latte italiani, all’insaputa dei consumatori.

Il provvedimento riguarda l'indicazione di origine del latte o del latte usato come ingrediente nei prodotti lattiero-caseari e prevede l'utilizzo in etichetta delle seguenti diciture:

a) "Paese di mungitura": nome del Paese nel quale è stato munto il latte;

b) "Paese di condizionamento o di trasformazione": nome del Paese nel quale il latte è stato condizionato o trasformato.

Qualora il latte o il latte usato come ingrediente nei prodotti lattiero-caseari sia stato munto, condizionato o trasformato, nello stesso Paese, l'indicazione di origine può essere assolta con l'utilizzo della seguente dicitura: "origine del latte": nome del Paese. Se invece le operazioni indicate avvengono nel territorio di più Paesi membri dell'Unione europea, per indicare il luogo in cui ciascuna singola operazione è stata effettuata, possono essere utilizzate - precisa la Coldiretti - le seguenti diciture: "latte di Paesi UE" per l'operazione di mungitura, "latte condizionato o trasformato in Paesi UE" per l'operazione di condizionamento o di trasformazione. Infine qualora le operazioni avvengano nel territorio di piu' Paesi situati al di fuori dell'Unione europea, per indicare il luogo in cui ciascuna singola operazione è stata effettuata, possono essere utilizzate le seguenti diciture: «latte di Paesi non UE» per l'operazione di mungitura, «latte condizionato o trasformato in Paesi non UE» per l'operazione di condizionamento o di trasformazione. Per le violazioni si applicano le sanzioni di cui all'art. 4, comma 10, della legge 3/2/2011, n. 4.

Nell’ultimo anno - denuncia la Coldiretti - hanno addirittura superato il milione di quintali le cagliate importate dall’estero, che ora rappresentano circa 10 milioni di quintali equivalenti di latte, pari al 10 per cento dell’intera produzione italiana. Si tratta di prelavorati industriali che vengono soprattutto dall’Est Europa che consentono di produrre mozzarelle e formaggi di bassa qualità. Un chilogrammo di cagliata usata per fare formaggio sostituisce circa dieci chili di latte e la presenza non viene indicata in etichetta. Oltre ad ingannare i consumatori ciò fa concorrenza sleale nei confronti dei produttori che utilizzano esclusivamente latte fresco.

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