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Data: 01/03/2013 - Ora: 10:30
Categoria:
Politica
Mentre l'Europa chiede risposte, gli italiani fanno i nazionalisti
Nel grande patatrac elettorale trovare un elemento di positività appare davvero difficile. Anche se è abbastanza chiaro che tra i protagonisti di questa fiera politica c’è sempre qualcuno pronto a celebrare degnamente la propria affermazione.
Infatti, pur meditando sulla pochezza della loro performance i democratici del PD si consolano in attesa di ricevere dal Presidente della Repubblica il mandato governativo. Il PDL si fregia della resurrezione di Berlusconi e di un recupero elettorale straordinario e il Movimento 5 stelle si è convinto di aver portato a buon fine la sua rivoluzione.
Tutti contenti insomma tranne l’Italia, sempre più in bilico, isolata e confusa.
Analizziamo le "fortune" dei tre principali schieramenti-partiti.
Il Pd che doveva stravincere, quasi non ha vinto. Del resto i leaders servono a qualcosa in politica e i democratici hanno sempre avuto un problema di leadership. Con Bersani non è molto difficile essere recuperati da Berlusconi o svuotati da Grillo. I secondi, il re della televisione e il re del web, fanno un boccone di un antipersonaggio in cerca d’autore.
Con questo non diciamo che il Pd perde perché è guidato da Bersani, ma che insomma se una squadra non vince è perché l’allenatore non da la mentalità vincente e forse andrebbe sostituito. Come nel Calcio.
Il Pdl ha il problema opposto e cioè una sovrabbondanza di leader. Il leader, l’unico e solo. Il sempiterno. Quello capace di scendere in campo nel secondo tempo quando la squadra sta perdendo 10 a zero e di pareggiare facendo 9 gol e un assist. Altro che Maradona. Però senza di lui in campo la squadra è da serie B.
In attesa che fra mille anni Berlusconi lasci la scena la Sinistra deve accontentarsi delle solite vittorie di Pirro.
Una cosa quasi comica, ma di comico, per professione, c’è anche Grillo che con sottile intelligenza e con grande capacità di attrattiva artistica riesce in un’impresa tanto ardua quanto ancora incomprensibile. Da un lato è un bene che via sia qualcuno in Italia capace di irridere alla brutalità di una politica autoreferenziale, di un’informazione terzomondiale e di un leaderismo partitico scioccante, dall’altro è preoccupante veder canalizzate, così in breve, tante istanze di dissenso e di irriverenza che, se usate male, potrebbero rivelarsi catastrofiche.
I mercati hanno giudicato male l’ingovernabilità certo, ma anche la tenuta di Berlusconi e le turbe politiche dei suoi governi con problemi giudiziari, di scandali e di talvolta di inconcludenza. E certamente non capiscono e non interpretano positivamente l’arrivo sulla scena di un partito (il 5 stelle) del web che non è un partito e non è un movimento e che procede in ordine sparso anche se molto corposo. Sperando che non sia un esercito di Franceschello datato 2013.
L’Ultima considerazione riguarda la solitudine a l’autarchia, care al popolo italiano. Poco incline ai suggerimenti d’oltralpe, poco attento ai doveri e ai dettati dei castigatori di costumi, molto appassionato del bel nome dell’Italia e del modello spaghetti, esportato nel mondo.
Gli italiani hanno un’idea dell’Europa, come di una sorta di isola che non c’è, della quale si può fare a meno, e senza la quale si può vivere come è stato fatto in passato. Il credito internazionale e la statura del paese agli occhi dei partner internazionali insieme a tutto il resto fatto di spread e borse valori, sono cose da respingere e rifiutare.
Qui decidiamo noi a seconda delle convenienze. E l’unica convenienza uscita dalle principali opzioni elettorali degli italiani e che possa avvenire un miracolo. Perché tutte le opzioni tendono a scolorare la bellezza di un Paese che si illude ancora di essere il più bello del reame.
Senza notare che lo specchio magico è già in frantumi da tempo.
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