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Data: 08/10/2018 - Ora: 09:05
Categoria:
AttualitÃ
È a rischio il patrimonio architettonico e culturale
"A grandi linee, la Sicilia è ubicata in corrispondenza dello scontro tra la placca africana e quella euroasiatica, ciò spiega l’elevata sismicità dell’area che in passato è stata causa di terremoti distruttivi: nel 1693 (54.000 vittime), nel 1908, nel 1968 e nel dicembre 1990". Lo afferma Fabio Tortorici, Presidente della Fondazione Centro Studi CNG in merito alla forte scossa di terremoto di magnitudo 4.6 che si è registrata il 6 ottobre alle 2:34 con epicentro a Santa Maria di Licodia, in provincia di Catania, a una profondità di nove chilometri. Il sisma può essere collegato a una ripresa dell’attività eruttiva dell’Etna? "La raccolta di dati geofisici in atto, - risponde Tortorici - ci permetterà di stabilire se l’evento, nella notte tra venerdì e sabato, è un terremoto di natura tettonica o vulcanica e quali sono stati i meccanismi di rottura che lo hanno generato e soprattutto se si stanno verificando fenomeni di ricarica delle tensioni vulcaniche. Per ora, è certo che il sisma non è scaturito direttamente dall’interno del principale condotto vulcanico. I geologi dell’INGV a breve verificheranno se il terremoto è collegato al movimento di masse magmatiche periferiche. In ogni caso, nell’area etnea si è sempre delineata una complessa interazione tra le strutture crostali tettoniche e la struttura del vulcano".
Ci saranno altre scosse di assestamento? Il Presidente della Fondazione Centro Studi, CNG: "Al momento si sono verificate poco più di una decina di scosse dopo l’evento principale, tutte di bassissima magnitudo, in armonia con quella che è la sismicità strumentale negli ultimi decenni nell’area etnea, in cui i terremoti avvengono nella zona sommitale e nei fianchi del vulcano. Storicamente e statisticamente, - continua il geologo siciliano - la sismicità dell’area epicentrale del terremoto di Santa Maria di Licodia, non ha mai espresso eventi di magnitudo elevata, ma come è risaputo è impossibile prevedere i terremoti, pertanto nessuna previsione è possibile". Sulle condizioni in cui si trovano le abitazioni della provincia catanese, Tortorici evidenzia come "Il patrimonio edilizio nel comprensorio etneo è abbastanza vetusto, con oltre il 60 per cento di costruzioni realizzate prima dell’entrata in vigore delle norme antisismiche, pertanto presenta un elevato grado di vulnerabilità . Inoltre, in caso di emergenza, non tutti i comuni alle falde del vulcano sono dotati di evoluti e aggiornati piani di emergenza, di evacuazione e di protezione civile".
Sull’estrema vulnerabilità del territorio siciliano si esprime anche Antonio Alba, consigliere agrigentino del Consiglio Nazionale dei Geologi: "La scossa, sebbene di entità contenuta, ha provocato danni al patrimonio architettonico dell’isola, con il crollo dei cornicioni della chiesa di Santa Maria di Licodia e del Palazzo Ardizzone, ex sede del municipio". "La grande vulnerabilità del nostro patrimonio artistico e culturale, che in Sicilia come nel resto d’Italia costituisce il simbolo dell’Italia nel mondo – prosegue Alba – impone interventi governativi mirati e programmatici, riferiti sia all’esposizione al rischio sismico sia al dissesto idrogeologico. L’assenza di geologi nelle sovrintendenze e nello stesso MIBACT testimonia la poca sensibilità e oculatezza che la politica ha riservato al territorio negli ultimi decenni. Ci auspichiamo – conclude il geologo – che nei prossimi provvedimenti legislativi sia tenuta in giusta considerazione la conoscenza geologica puntuale del territorio per giungere finalmente a una completa consapevolezza del fatto che la prevenzione è l’unica via".
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